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Le storie dei local ambassador: Maria Pace Ottieri, Chiusi

Tornare a Chiusi per respirare quell’aria di famiglia che permette di fare un tuffo indietro nel passato.
Per la giornalista e scrittrice Maria Pace Ottieri aprire ogni volta le porte del palazzo di famiglia che prende una buona parte della centrale Via Porsenna, significa tornare indietro con la memoria e ripercorrere momenti irripetibili. Nell’anno del centenario dalla nascita di Ottiero Ottieri, personalità di particolare spicco a Chiusi, la local ambassador dell'antica lucumonia etrusca non poteva che essere la figlia del noto scrittore.

“Il legame tra me e Chiusi ha origine dalla famiglia di mio padre. Mio nonno è nato qui e secoli prima, in questo centro della Valdichiana Senese, sono venuti alla luce i suoi avi. Io e mio fratello abbiamo ereditato questa casa che si trova nel centro della cittadina e dove da piccoli abbiamo trascorso molti periodi estivi. Da sempre mi prendo cura di questo palazzo e tutt’oggi vi torno spesso. Mi sento molto legata a questo edificio, perché dopo tanti anni sento che tra me e lui si è formato un legame intimo... e poi non ho la macchina, quindi quando vengo mi vivo completamente gli ambienti, i corridoi e le grandi stanze con affreschi, quadri e mobili di epoche passate”.

Maria Pace Ottieri parla della città di Porsenna in un suo libro uscito nel 2011 dal titolo “Chiusi dentro”, incentrato sul racconto del microcosmo della vita di provincia, fragile ma allo stesso tempo forte e attaccata a ciò che è stato. Un'opera a metà tra un racconto privato e una cronaca narrativa, molto focalizzata sulle mura di questo palazzo che custodiscono la storia della famiglia.

“La casa è antica, una parte è del 1200 ed un’altra è stata costruita leggermente dopo. Mio nonno apparteneva ad una famiglia artistocratica di Chiusi, sposò una ragazza di Cetona e insieme andarono a Roma a cercare fortuna. Lui però amava la Valdichiana e la terra e ogni weekend tornava qui, dove d’estate abitava proprio in pianta stabile. Mio padre da qui andava e veniva e il suo primo libro l’ha scritto tra queste stanze nel 1954. S’intitola Memorie dell'incoscienza e racconta la vita in un paese toscano, Chiusi, nel 1943, prima e dopo l'armistizio”.

La scrittrice ricorda il rapporto ambivalente tra il padre e la cittadina, come nel libro “Il palazzo e il pazzo”, dove per il pazzo intende lui stesso e per il Palazzo la casa nel centro storico. Il perché di questo rapporto controverso tra Ottiero Ottieri e la cittadina, lo racconta proprio lei:

“Per mio padre Chiusi rappresentava l’agricoltura e la campagna, un mondo che lui non accettava, tanto che non appena gli fu possibile andò da Roma a Milano perché era interessato al mondo dell’industria che riteneva fosse il futuro. Suo padre invece, mio nonno, amava l’agricoltura e voleva che il figlio frequentasse agraria. Ecco perché c’era questo rapporto di amore-odio. Era come se Chiusi fosse il luogo dello scontro tra padre e figlio”.

Per quanto la scrittrice ami la vita di città, a tratti frenetica e stressante, reputa la vita a Chiusi come un balsamo lenitivo, un anti-stress che le piace tornare ad apprezzare ogni due mesi quando torna:

“La differenza tra Milano e Chiusi è abissale. Qui la vita è morbida, lenta, sonnolenta. Le commissioni che devo fare qui le posso fare con calma in poco più di un’ora di tempo, a Milano è impensabile. A piedi si può girare bene tutto il centro storico e prendendo la macchina è possibile arrivare in posti meravigliosi, dove tutto è ancora intatto. E poi qui le persone hanno uno spirito di protezione e di conservazione nei confronti dell'ambiente, del centro storico, di tutto, che sicuramente è la salvezza di questo territorio. Quando percorro il corso di Chiusi e scorgo tra i palazzi alti un frammento di cielo e di verde come quando ero piccola, mi emoziono ancora perché è veramente molto bello: non è così comune in Italia vedere un territorio così ampio quasi inalterato”.

C’è poi un aspetto che la giornalista sottolinea, legato al linguaggio della Valdichiana Senese: “Il modo di parlare delle persone di queste parti, anche le più semplici, è fantastico. Mi piace tantissimo e lo considero uno dei primi segni di grande civiltà di queste parti. Qualsiasi persona, anche i contadini, hanno e avevano una grazia e una proprietà di linguaggio molto avanzata, e questo mi piace molto”.

 

Il luogo del cuore della local ambassador:

Sicuramente questa casa, in virtù del legame profondo che si è creato tra me e lei. So esattamente cosa c’è in ogni cassetto, dalle carte ad oggetti stranissimi di un tempo che appartenevano ai miei avi. Ho trovato anche una scatola con dei bigliettini arrotolati per una pesca di beneficenza di 120 anni fa, mostrine di un costume di carnevale, la sugna con cui mio nonno si puliva le scarpe dopo che era andato in campagna… Non sposto niente, lascio tutto dov'è perché è il bello di questa casa storica. È un palazzo che continuamente offre delle sorprese, spunti di vite vissute, perché i miei avi hanno sempre vissuto qui in pianta stabile. È un luogo emozionante al quale tengo molto.

Maria Pace Ottieri è giornalista e scrittrice, figlia di Ottiero Ottieri

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